mercoledì 30 agosto 2017

Gli esami di riparazione



Sabato 26 agosto è clamorosamente arrivato, non ci posso credere, le “vacanze” stanno per finire. Sono rimasto ancora a metà giugno quando si festeggia l’ultimo giorno di scuola, come è possibile?
Oggi, anche se “trattasi di sabato mattina con sole splendente che obbliga ad andare al mare”,  tutti i docenti interessati si riuniscono con grande piacere per gli esami di riparazione.

Riparazione di che?

Delle insufficienze che i pargoli hanno maturato durante l’anno scolastico e che ora, dopo un’estate infuocata, devono sicuramente recuperare.

Sia i docenti che gli alunni sono molto felici di ritrovarsi e percorrono i lunghi corridoi con un animo e una energia che in confronto un condannato nel braccio della morte diventa Mr. Allegria.

Io personalmente ciò un magone che manco una peperonata a mezzanotte.. ma andiamo avanti.

Ho il piacere di incontrare il Dirigente Scolastico, che mi squadra dall’alto in basso e chiede, con voce simile a quella di Freddy Krueger  : « Professore, lei cosa ci fa qui? »

( secondo te cosa ci faccio?  .. passavo per caso con 40 gradi di temperatura, vestito come un pinguino e sudato come una capra ed ho pensato di fare una visita alla scuola di sabato 26 agosto ? )

« Preside, mi ha convocato lei, per gli esami di riparazione »
Nessuna risposta, sguardo torvo, silenzio per 5 secondi e cambio di direzione.

Entro nell’aula stabilita e subito un’aria umida-infuocata mi avvolge e mi svuota l’anima tipo Dissennatore di Harry Potter
Fortunatamente la simpatia e la complicità di alcuni colleghi (e amici) mi riportano alla vita e la mattinata scorre più o meno bene.
Si susseguono ragazzi in infradito, pantaloncini corti, t-shirt hawaiane, interrogazioni più o meno buone, bottigliette di acqua, orridi caffè e tante carte da compilare.
Le 14 arrivano che è un piacere e dopo l’ultimo alunno, completate le procedure di rito, mi fiondo a riveder le stelle con la stessa velocità di Usain Bolt nei 100 m piani.

Sono già a casa, l’orologio segna le 14.45 di sabato (ormai) pomeriggio e una lucetta sulla scrivania attira la mia attenzione.
E’ lo schermo del telefonino sul quale ho What’sApp, dimenticato a casa, che reclama di essere visionato. C’è il messaggio di una collega che gentilmente mi ricorda di firmare il foglio presenze in portineria ..


Siamo arrivati a Lunedì pomeriggio, ore 16.00, il giorno degli scrutini.

A scuola oggi c’è un tale giro che nemmeno in spiaggia a Gallipoli, le classi ad essere coinvolte sono davvero tante.
Gli orari vengono rispettati e per le 17.00 termina il primo scrutinio che mi vede interessato, tutti promossi, baci abbracci e tanti saluti.
Mi siedo in corridoio, in attesa del secondo e ultimo scrutinio che inizierà di lì a circa un’ora.
Vicino ho le immancabili “macchinette”, i distributori di bevande e merendine che tanto mi attirano in questo periodo.
Arriva un energumeno e mette dentro qualche spicciolo, non scendendo il prodotto scelto inizia a buttare giù tutto a spallate che in confronto Tyson diventa l’Ape Maya.
Fortunatamente ogni cosa si risolve e ritorna la quiete.

Dietro di me sento di nuovo la voce del Dirigente Scolastico :

« Professore, lei cosa fa qui seduto ? »

( secondo te cosa ci faccio?  .. sono le 17.30, schioppo di caldo, di fuori ci sono i Carabi e a me va di rimanere qui dentro a guardare il muro ? )

« Preside, sto aspettando che inizi lo scrutinio »
Nessuna risposta, sguardo torvo, silenzio per 10 secondi e cambio di direzione.

Alla fine termina anche questa giornata e stavolta, prima di fiondarmi all’aperto, mi assicuro di aver firmato qualsiasi foglio di presenza esistente al mondo, incido con il mio nome anche tutti i banchi e le cattedre del primo piano, non si sa mai.

Ci sarà ancora qualche giorno di “vacanza”, la mitica fiera del patrono, un fine settimana spensierato, un po’ di mare e poi dritti dritti verso il primo Collegio dei Docenti, ma questa è un’altra storia.





giovedì 10 agosto 2017

Una serata al Museo

Con il desiderio di acculturarmi, riscattando l’ultima tragica visita alle sale di arte moderna, decido di presentarmi nel cortile interno del Museo che ospita l’evento di questa sera.
La location è splendida, trattasi delle sacre mura che ospitano la “sala dell’Eneide”, visitata nel passato dal Sig. Goya e nel presente da più annoiati e rumorosi astanti.

E’ martedì sera, abitando nelle vicinanze parto da casa soltanto 20 minuti prima, sicuro di non fare tardi.
L’evento culturale si dividerà in due parti : nella prima verremo messi alla prova ascoltando la declamazione di poesie persiane, nella seconda ci sarà la “visita sensoriale guidata”, per ammirare le nuove acquisizioni di arte moderna.

“Visita sensoriale guidata”.. ricordate queste parole.

Io intanto sono in cerca di un posto auto, anche in verticale o su 3 ruote, basta che possa fermare la macchina ad una distanza umana per poi raggiungere brevemente il Museo.

Illuso.

Trovare un parcheggio a quest’ora lungo le mura del centro storico è facile come vedere un adolescente senza telefonino in mano e cuffie in testa.
Superate comunque queste piccole difficoltà iniziali mi presento all’entrata principale e mi fermo un minuto ad osservare.
Deliziosi punti luce illuminano sapientemente statue, pareti, balconate e colonne, creando la giusta atmosfera di uno sfarzoso storico passato.
Intanto tre signorine vestite tutte di nero e con una targhetta appesa sulla giacca mi guardano malissimo, tra il serio ed il sorpreso.
Soltanto ora mi rendo conto di avere una buona mezz’ora di ritardo e prima di entrare mi do una controllata, come se avessi lo specchio davanti.
Sudo come una capra, complici i 35°C , un clamoroso livello di umidità e una certa tensione che sicuramente non aiuta.
I pantaloni neri reggono, le scarpe, sempre nere, le ho pulite bene e la camicia grigia ancora non mostra temibili aloni di sudore.

Entro e davanti a me si apre il bel cortile interno, allestito per l’occasione con sedie e palco per il poeta e il suo accompagnatore musicale.
Fortunatamente ci sono ancora posti liberi e così mi accomodo velocemente, passando tra le persone sedute con l’agilità di un elefante in cristalleria.
Appena seduto ricevo il solito squillo dall’amico Mr. Simpatia, che non vuole spendere soldi al cellulare e mi stimola a richiamarlo.
Venti persone si girano all’istante fissandomi con il desiderio di incenerirmi ed io, rosso come un gambero, sospetto di non aver attivato la funzione “silenzioso”.

Tornata la quiete mi accingo finalmente ad ascoltare poetici versi, svuotando la mente da brutti pensieri.
Il tempo scorre piacevolmente, la voce del poeta è calda e musicale ma la mia ignoranza non permette di apprezzare appieno i contenuti e la forma delle sue parole.
Forse c’è qualcuno che sta peggio di me, guardandomi intorno noto infatti un signore che sussurra due parole alla probabile compagna la quale, con una smorfia di disapprovazione, si alza e i due si allontanano definitivamente dalla scena.
Alla mia sinistra invece un signore si è sbracato sulla sedia con i piedi appoggiati su quella davanti e riposando gli occhi scende in una profonda meditazione (dorme).
L’applauso finale riporta tutti ad una perfetta coscienza e sancisce la fine della prima parte della serata.

Non avrei mai immaginato cosa sarebbe successo di lì a pochi minuti..

«Ora lo staff vi accompagnerà all’interno del Museo, tra le nuove acquisizioni di arte moderna, per la “visita sensoriale guidata”»

Qualche ospite si mostra timoroso, forse per la stanchezza e il caldo, altri sembrano poco convinti e quasi disturbati dall’annuncio.
Nel frattempo, sulle balconate superiori, illuminate ad arte, cominciano a muoversi bianche figure femminili coperte di veli.
Fa parte dello spettacolo che sta per iniziare e sembrano una via di mezzo tra fantasmi e fate misteriose.

Siamo rimasti un gruppetto di una ventina di persone e veniamo invitati a salire i due piani di scale che ci faranno raggiungere le sale da visitare.
La mezzanotte è vicina.
Quando arriviamo al secondo piano una mostruosa bolla di caldo umido ci avvolge, complice l’assenza di finestre ed ovviamente climatizzazione.
Siamo sofferenti, c’è chi si lamenta palesemente del caldo insopportabile e torna sui suoi passi, chi rimane ancor più dubbioso e chi come me, che già sudava come una capra, comincia a scolare bagnando la camicia come dopo un gavettone al mare di ferragosto.

Inizia la “visita sensoriale” e subito intorno al gruppetto compaiono le bianche figure femminili del terrazzo: sono ragazze seminude, pitturate di bianco, con costumi bianchi e veli bianchi, con movenze simili a quelle di Gollum quando cerca il suo “tessoro”.
Una di queste ragazze comincia a parlare a voce alta in spagnolo, facendo sobbalzare non poche persone, esprimendosi in una via di mezzo tra una persona posseduta ed una sibilla cumana mbriaca.
La gestualità è altrettanto curiosa, movimenti lenti del corpo vagamente somiglianti a danze arabe.
Ci si sposta nelle prime sale, il caldo è atroce e la vista quasi annebbiata.
C’è anche una accompagnatrice “umana”, nel senso che parla italiano e si capisce abbastanza quello che dice, inizia a spiegarci le nuove acquisizioni di arte moderna del Museo.
Che ve lo dico a fare, si tratta di quadri, busti, “sedie” e altre robe strane che fatico a mettere a fuoco, in tutti i sensi.
In una mezz’oretta percorriamo tutte le sale e incontriamo altre fatine ignude, c’è chi è truccata come nosferatu, chi striscia in terra come un serpentello e chi si fissa a guardarti negli occhi, immobile a 5 cm di distanza.
Noto che qualcuno si è staccato dal gruppo, sperando in una fuga o almeno di trovare un filo di aria fresca respirabile.

L’ultima sala è ormai vicina ed è qui che l’esperienza si completa : dalla filo-diffusione esce un suono rauco, continuo, leggermente modulato, ciò che dovrebbe assomigliare alle parole di un sacro rito di civiltà passate.
I sopravvissuti, provati, assetati e storditi, ascoltano basiti questo rutto di tre minuti e mezzo di durata, che nemmeno con 12 bottiglie di coca-cola si riuscirebbe a fare.
Io ormai non ho più reazioni, sto pensando alla smodata quantità di acqua che berrò e alla possibilità di tuffarmi vestito nella fontana di piazza.

L’accompagnatrice ci ringrazia, ci saluta e noi tutti torniamo a riveder le stelle, certi che il nostro bagaglio culturale si sia arricchito con questa mirabolante moderna avventura.




lunedì 17 aprile 2017

La gita fuori porta RELOADED

Stamattina, il famoso “lunedì di pasquetta”, ho la bellissima idea di trascorrere la giornata nel verde dell’area naturale protetta.

L’inquietudine mi assale.

Legioni di barbari hanno parcheggiato i loro mezzi selvaggiamente, doppie e terze file si sprecano, aiuole, marciapiedi, rosai, prati in fiore seppelliti da lamiere ferrose (e pure un po’ arrugginite) sputacchianti gas di scarico.

Il laghetto chiede pietà, gli uccelli migratori decidono una partenza anticipata e il ruscello è intoppato dalle carte unte della pizza e dai pezzi di frittata del panino del babbo. L’orgoglioso genitore, ovviamente, siede sul ciglio del fiumiciattolo con i piedi in acqua, sfoggiando la panza imbavagliata dalla canottiera bianca anni ’70.

 I più grandi di tutti però sono :

1) coloro che montano (in due o tre ore) la mitica amaca, legandola da pianta a pianta, e quando ci si siedono toccano per terra.
2) i geni che mettono nell’acqua del ruscelletto le bottiglie di birra a freddare, perdendone tra l’altro il 50% a causa dell’imprevista corrente.
3) coloro che partono per l’esplorazione del posto (abituati ad un tragitto medio di 6 metri giornalieri, dalla cucina al soggiorno) e dopo 10 minuti tornano esausti perché c’era troppa salita.
4) chi spruzza l’insetticida sulla tovaglia per allontanare le formiche che si avventano sui panini.
5) i giovinotti che si mettono a torace nudo e le signorine che si stendono in bikini sul prato, accorgendosi solo il giorno dopo delle zecche che si sono attaccate alle loro gambe e braccia.
6) i grandissimi che mettono il sacchetto della spazzatura sul ramo dell’albero e a fine giornata lo “dimenticano”.
7) quelli che, muniti di paletta, prendono la terra buona per i vasi in terrazzo.
8) chi lascia i loro cagnolini seminare bombe da ogni parte perché “tanto siamo all’aria aperta, in mezzo alla natura”.

Non contento degli sfregi osservati, ancora fiducioso nelle capacità mentali dell’ Homo sapiens, decido di cambiare postazione e raggiungo la pineta sul lungomare.

Un pianto.

L’assedio dei tavolini da pic-nic è clamoroso, quelli che si aprono automaticamente con tanto di mini sedie, già pronte per ospitare onorevoli e pesanti glutei.
Le biciclette sfrecciano che è un piacere, palloni, racchettoni, bocce e pigne rotolano alla grande, i bambini piangono e le mamme dalle guance rosee strillicchiano e si arrabbiano quanto basta.
Gli scoiattoli, felicemente tornati in questa oasi marina, vengono osservati allontanarsi in fila indiana, con un piccolo bagaglio e scuotendo tristemente il capo.

Intanto i primati, adulti e piccini, si apprestano alla merenda, nonostante il pranzo a base di lasagne, frittate, affettati e salamini non sia ancora ben digerito.
Ecco spuntare altri panini, salse, burro e marmellata, senza dimenticare coloratissimi bibitoni gassati e birrette come se piovesse.
I tappi ovviamente si sotterrano in pineta, il grasso del prosciutto per le formiche e i tovaglioli di carta invece pure, “tanto sono biodegradabili”.

Il tempo scorre veloce in questo paradiso di calma e serenità e alla stessa ora tutti decidono di andare a casa.
Decine e decine di armamenti che si ripiegano, valigette che si richiudono e portapacchi che si riempiono.
Una bella fila di un paio di orette traghetterà queste anime stanche verso il meritato riposo.






sabato 7 gennaio 2017

Neve?

Tipiche reazioni da nevicata :

1) Esprimere la propria contrarietà all’evento con paroline non proprio dolci.

2) Rallegrarsi perché diventa concreta la possibilità di NON andare a lavorare o a scuola.

3) Scrivere su FEISBUK che c’è una tempesta di neve in corso.

4) Mettere su FEISBUK foto e video di ogni angolo della città ricoperto di neve.

5) Tirare fuori la Panda 4X4 per andare a sgommare per strada.

6) Tirare fuori la pala per pulire l’entrata di casa.

7) Fare pupazzi di neve e giocare a pallate.

8) Lamentarsi perché il comune non butta il sale e non passano gli spazzaneve.

9) Dire che la neve è bella ma solo a guardarla dalla finestra.

10) Lamentarsi perché le previsioni hanno sbagliato.

11) Lamentarsi perché la neve si sta già sciogliendo.

12) Rattristarsi perché il panorama imbiancato non era poi così male.

13) Schifarsi perché la neve diventa un ammasso di fanghiglia e il comune non la porta via.

14) Dire che il freddo è tanto ma meglio adesso che a primavera.